L’ansa sulla condanna di Pinar

STRASBURGO, 26 GEN – “Il mio processo è una cartina di tornasole di quanto sta accadendo in Turchia” in questo periodo. Così inizia, raccontandosi all’ANSA, Pinar Selek, la sociologa e attivista turca in esilio a Strasburgo, condannata tre giorni fa all’ergastolo da un tribunale del suo paese, perché accusata di aver messo per conto del Pkk una bomba che fece 7 morti nel bazar delle spezie di Istanbul il 9 luglio 1998. Questo è il quarto processo che subisce in 15 anni, e il primo, dopo tre assoluzioni, che termina con una condanna, nonostante almeno una perizia scientifica abbia dimostrato che l’esplosione sia stata frutto di una fuga di gas. Secondo la Selek, la sua vicenda giudiziaria è strettamente legata alla questione curda, e questo ultimo atto è il colpo di coda di quanti non vogliono un processo di normalizzazione che porti alla risoluzione di uno scontro che dura da decenni. “Molti sostengono che quanto mi sta accadendo sia opera di quella che in Turchia viene chiamata la ‘Gladio turca’”, spiega la studiosa facendo riferimento all’organizzazione golpista Ergenekon. “L’attuale governo ha promesso di debellare questa organizzazione, ma l’operazione non è arrivata sino in fondo, e nell’ambiente giudiziario c’é un gruppo di persone ancora molto forte che non vuole un processo di normalizzazione della questione curda”, sottolinea la sociologa. “Tutti ritengono che mi stanno usando per intimidire altri ricercatori”, perché non superino quello che alcuni ritengono un confine invalicabile. “Io credo – dice Pinar Selek – che mi abbiano preso come esempio per una serie di fattori. Sono una donna, un’attivista e mi sono occupata dei curdi”. Probabilmente queste sono anche alcune delle ragioni per cui ha ricevuto e riceve tanto sostegno sia in patria che all’estero. Un’altra ragione è sicuramente da ricercarsi nel fatto che, come sottolinea lei, “avendo resistito 15 anni sono diventata un simbolo per la giustizia”. E se il suo “é un caso estremo di accanimento giudiziario, ci sono però tanti casi simili”, osserva la sociologa che, ricordando i tanti giornalisti, studenti e prigionieri politici detenuti in Turchia, chiede che “il governo sia più coraggioso”. Nonostante la vicenda duri da 15 anni, Pinar, 42 anni, non perde la fiducia. “Per quanto mi riguarda io sono ottimista, anche perché molti giornalisti in Turchia, persino quelli vicini al governo, mi hanno descritto come una vittima”, racconta la studiosa attivista, aggiungendo che i suoi avvocati stanno già preparando l’appello per la Cassazione, dove “combatteremo per vincere”. Al momento Pinar Selek, nonostante il mandato d’arresto spiccato nei suoi confronti dopo la condanna, non rischia l’estradizione, che potrebbe essere richiesta dalla Turchia solo qualora la Cassazione dovesse confermare la decisione del Tribunale di Istanbul. La sociologa per ora resterà a Strasburgo, dove sta scrivendo una tesi di dottorato in scienze politiche sui movimenti turchi impegnati per l’emancipazione femminile e di gruppi sociali svantaggiati. (ANSA)

Samantha Agrò

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